Esistono due statue della Beata Vergine delle Grazie custodite nel nostro Santuario: quella fissa, posta in una teca protetta da una porta di vetro dietro l’altare detta “Shën Mëria te qelqi”, e quella “pellegrina” usata per le processioni.
La statua non mobile, della “Madonna di carne” o “Vergine delle Grazie” di Spezzano, venerata fin dai tempi antichi, è conosciuta per il suo aspetto quasi vivo. Posta in una grande nicchia sull’altare, la statua ha le fattezze di una “Madonna Regina” che tiene il Bambino con la mano destra, simbolo della nobiltà e della mancanza di attività manuali, mentre ne esclude l’origine bizantina poiché questo stile ammette solo le icone sacre. Grande, inoltre, è l’affinità con l’iconografia gotica, in cui la Madonna non guarda il Bambino ma lo presenta ai fedeli. La scultura, probabilmente realizzata da discepoli di Tino da Camaino, è fatta con materiali poveri locali: mattoni crudi, paglia e fango, e rivestita di stucco dipinto. Mentre le fattezze della Madonna sono raffinate, quelle del Bambino appaiono rozze, probabilmente dovute allo stato di abbandono in cui versò la Chiesa per lungo tempo e che causò il deterioramento della testa del Bambino e quindi la sua successiva ristrutturazione.
Le vesti della Madonna sono di colore azzurro ricamato in oro; quelle del Bambinello sono di color rosso e oro, come il libro che regge con la mano sinistra.
Nel 1981 fu intrapreso, ad opera della Sovraintendenza alle belle arti di Cosenza, il restauro della statua fissa della Madonna per mano dell’artista cassanese Guido Faita.
La statua “processionale”, detta anche pellegrina, nasce dal bisogno del popolo di portare la propria Patrona in giro per le vie del borgo.
Durante il corso del XVI e del XVII secolo, infatti, gli spezzanesi scendevano spesso alla Cappella della Madonna, ma sentivano il bisogno di portare la loro Protettrice in paese.
Cominciò così, verso la fine della seconda metà del Settecento, ad insinuarsi l’idea, che diventò presto progetto e deliberazione, di produrre l’effige della Santissima, al fine di poterLa portare in processione per le vie del paese. L’arciprete don Antonio Fronzini commissionò ad artisti napoletani la realizzazione della statua mobile. Quando la statua commissionata fu pronta, due carri, tirati da quattro robusti cavalli, partirono alla volta della grande metropoli partenopea. In essi presero posto dieci baldi e vigorosi giovani e un sacerdote, don Giovanni Cucci, incaricato dall’anziano arciprete don Antonio Fronzini. Ignoriamo quanti giorni ci vollero per portare a termine il trasporto della statua a mezzo di un traino e per strade impervie, monti e valli, fiumi e foreste. Nell’attesa, tutta la popolazione visse in una comprensibile ansia e i preparativi per l’accoglienza furono veramente grandiosi. Al suo arrivo, la Madonna fu accolta da una generale e unanime ovazione, da inni e canti in albanese e da una pioggia di pianto di viva commozione. Dopo l’accoglienza e la consacrazione della statua, si formò una processione che terminò all’ormai antica cappella di Maria Santissima delle Grazie. Qui si celebrò la Santa Messa e si benedì di nuovo la meravigliosa statua.
Per le diverse generazioni di spezzanesi, che presero parte alla manifestazione, quello fu un giorno memorabile. Era l’estate del 1789.